Fino al 11/03/2024
29/12/2023 Marco, Vicino di casa
ieri incontro Marco per le scale.
Marco sa tutto di me.
Mi dice "Ma poi, posso venire da te?"
"Verso le 10.00, per te va bene?"
"Certo"
ci salutiamo.
Alle 10, gli apro la porta.
Ho il mio negligé nero. mutandine di pizzo, reggicalze, calze nere. Ciabattine nere, con delle piume. Parrucca e truccata.
"Sei sempre bellissima".
"Grazie Marco, dai accomodati".
Entra, il tempo di girarmi per chiudere la porta ed è già nudo. Si è levato la giacca della felpa, i pantaloni della tuta. Odio i maschi che vanno in giro in tuta, mi dà un senso di sciattezza. Ma senza lui ha un corpo di tutto rispetto.
45 anni, un po' di pancetta, ma muscoli sodi.
"Marta, ti desidero sempre di più"
Mi stringe per un braccio e mi fa chinare davanti a lui. So che gli piace, lo devo fare, sa tutto di me.
Inizio a fargli un pompino. Me lo spinge in gola. Sento il suo sapore, il suo odore di maschi che si lava poco. Mi viene come da vomitare.
Mi divincolo, ma mi trovo a terra. Lui mi alza, mi poggia sul divano. Mi gira. Il mio culo è a sua disposizione. Un attimo ed è dentro di me. Mi fa male.
Gli dico di fare piano. Ma lui spinge di più. Gli piace sapere che mi fa male. Gli piace dominarmi.
Lo lascio fare. Tanto non durerà molto.
Sborra. Sento che la sua presa si indebolisce. Mi ricompongo. nella foga mi si è slacciato il negligé, mi si è spostato il reggicalze. Mi si è smagliata una calza. uffa.
Mi siedo vicino a lui, poggio la testa sulla sua spalla.
"Ti sono piaciuta almeno un po'?"
Non mi risponde. Con la stessa velocità con cui si è spogliato, si è rivestito ed esce.
Non si gira neanche a salutarmi.
Per lui sono solo un buco caldo
Marco sa tutto di me.
Mi dice "Ma poi, posso venire da te?"
"Verso le 10.00, per te va bene?"
"Certo"
ci salutiamo.
Alle 10, gli apro la porta.
Ho il mio negligé nero. mutandine di pizzo, reggicalze, calze nere. Ciabattine nere, con delle piume. Parrucca e truccata.
"Sei sempre bellissima".
"Grazie Marco, dai accomodati".
Entra, il tempo di girarmi per chiudere la porta ed è già nudo. Si è levato la giacca della felpa, i pantaloni della tuta. Odio i maschi che vanno in giro in tuta, mi dà un senso di sciattezza. Ma senza lui ha un corpo di tutto rispetto.
45 anni, un po' di pancetta, ma muscoli sodi.
"Marta, ti desidero sempre di più"
Mi stringe per un braccio e mi fa chinare davanti a lui. So che gli piace, lo devo fare, sa tutto di me.
Inizio a fargli un pompino. Me lo spinge in gola. Sento il suo sapore, il suo odore di maschi che si lava poco. Mi viene come da vomitare.
Mi divincolo, ma mi trovo a terra. Lui mi alza, mi poggia sul divano. Mi gira. Il mio culo è a sua disposizione. Un attimo ed è dentro di me. Mi fa male.
Gli dico di fare piano. Ma lui spinge di più. Gli piace sapere che mi fa male. Gli piace dominarmi.
Lo lascio fare. Tanto non durerà molto.
Sborra. Sento che la sua presa si indebolisce. Mi ricompongo. nella foga mi si è slacciato il negligé, mi si è spostato il reggicalze. Mi si è smagliata una calza. uffa.
Mi siedo vicino a lui, poggio la testa sulla sua spalla.
"Ti sono piaciuta almeno un po'?"
Non mi risponde. Con la stessa velocità con cui si è spogliato, si è rivestito ed esce.
Non si gira neanche a salutarmi.
Per lui sono solo un buco caldo
16/1/2024 Alessio
"Sei sempre bellissima"
Ringrazio e faccio entrare Alessio.
Lo chiamo così perché lui non ha mai voluto darmi il suo nome vero. Mi disse sempre "non occorre".
Sempre ben vestito, casual.
Io sono pronta per lui, adoro prepararmi, è la parte più bella di quello che faccio.
Un vestito nero, con una lunga zip dietro. Grossa, dorata, molto porca. Almeno io la trovo molto porca.
Calze color miele, reggicalze.
Lui non ha mai tempo.
Appena chiudo la porta sento che mi ghermisce e mi bacia il collo. Adoro, sentire che mi spostano i capelli, che me lo bacino. Sono profumata e lui lo sente, sono sicura che gli piaccia.
Poi mi fa scendere la chiusura lampo. E' una chiusura lampo che può scendere, o salire. I gentiluomini la fanno sempre scendere, quelli che vanno un po' più di corsa... la fanno salire.
Rimango in intimo.
Tutto si esaurisce in pochi attimi.
Sempre gli stessi movimenti, che noia.
Preservativo, eccitazione, penetrazione...
Sempre le stesse cose. Senza l'eccitazione credo che non verrebbe nessuno.
Vabbè anche Alessio ha dato, sempre la solita cifra.
Ma sono lieta che sia andato via contento.
Ancora devo capire perché alcuni vengono da me, quando potrebbero avere donne bellissime.
Ringrazio e faccio entrare Alessio.
Lo chiamo così perché lui non ha mai voluto darmi il suo nome vero. Mi disse sempre "non occorre".
Sempre ben vestito, casual.
Io sono pronta per lui, adoro prepararmi, è la parte più bella di quello che faccio.
Un vestito nero, con una lunga zip dietro. Grossa, dorata, molto porca. Almeno io la trovo molto porca.
Calze color miele, reggicalze.
Lui non ha mai tempo.
Appena chiudo la porta sento che mi ghermisce e mi bacia il collo. Adoro, sentire che mi spostano i capelli, che me lo bacino. Sono profumata e lui lo sente, sono sicura che gli piaccia.
Poi mi fa scendere la chiusura lampo. E' una chiusura lampo che può scendere, o salire. I gentiluomini la fanno sempre scendere, quelli che vanno un po' più di corsa... la fanno salire.
Rimango in intimo.
Tutto si esaurisce in pochi attimi.
Sempre gli stessi movimenti, che noia.
Preservativo, eccitazione, penetrazione...
Sempre le stesse cose. Senza l'eccitazione credo che non verrebbe nessuno.
Vabbè anche Alessio ha dato, sempre la solita cifra.
Ma sono lieta che sia andato via contento.
Ancora devo capire perché alcuni vengono da me, quando potrebbero avere donne bellissime.
20/01/2024 Marcello
Marcello non cambia mai.
Puzza.
Non perché non si lava, li riconosco quelli. Puzza la sua pelle, il suo alito, le sue parti intime. Credo che non sia sufficiente fargli una doccia.
Già, la doccia, la fanno sempre dopo mai prima.
Io sempre, prima e dopo. Forse esagero.
E quando lui arriva sogno proprio quella, la doccia. Il momento in cui sarà andato via, in cui si sarà portato via la sua puzza.
Un’altra cosa che mi infastidisce è come mi penetra.
Mi preparo sempre con plug lubrificati. Ma il fatto che lui si tuffi in me senza il minimo accorgimento lo vedo come una violenza.
Gli piace essere irruente, essere violento. E gli piace che glielo dica.
Le frasi che ama “Marcello sei un toro, mi stai squartando”.
'Squartando' gli piace. Non so perché. Quando lo dico sento che si eccita, che grugnisce, si infervora.
Forse pensa veramente che mi piaccia, crede veramente di esserlo, un toro.
Accidenti, io stavo chinata sul letto, alla sua altezza, lui mi stava dentro. Teneva un ginocchio sul letto, l’altra gamba era stesa. E il ginocchio gli scivola. Proprio un istante prima di eiaculare. Sente che sta per venire, il profilattico si è levato, cerca di rimetterlo per ritornare in me, ma non fa in tempo. Lo vedo dallo specchio sull’armadio. Vedo il suo essere goffo, la sua incapacità di controllare un corpo in preda al piacere.
Accidenti che getto. Un vero animale.
Penso: 'Tanto sono sporca', e mi chino su di lui, mi spalmo il suo seme addosso, sul petto, sul reggiseno, sulle gambe. Lui ride ed è felice.
Farfuglia qualcosa del tipo “ti piace berla”, come affermazione, non come domanda.
Sì, mi piace, ma non da lui. Lui puzza e il suo seme ha un cattivo sapore.
Va via e mi lascia una mancia. E’ contento di vedermi stravolta, sporca del suo fluido, che barcollo. Per finta barcollo, ho visto che piace anche questo.
E’ andato via.
Metto tutto in lavatrice e io mi infilo sotto la doccia. Spero che porti via tutto di lui.
Avevo già programmato di fare una lavatrice, solo che devo lavare pure la parrucca e, questa cosa, mi dà noia.
Mi resta solo la memoria.
Povero Marcello, magari è un brav’uomo. Ama la moglie (porta la fede), religioso (porta una catenina con l’effigio di un Santo e un crocefisso. Chissà qual è la sua storia, e cosa gli ho lasciato io.
24/01/2024 Marco (... oh, ma tutti così si chiamano?)
24/01/2024
Abito in una casa di periferia, ingresso indipendente, un piccolo giardinetto che adoro sia pieno di piante.
Con questo autunno caldo, alcune stanno fiorendo. Chissà quanti insetti ci saranno in primavera.
Mentre penso questo vedo al portoncino un ragazzo.
“Mi scusi, ma lei è Marta?”
Sono un po’ sorpresa. Senza parrucca, con una tuta in ciniglia, senza trucco, con scarpaccie da giardino… sorpresa che mi abbia riconosciuta.
“Ciao, sì, sono io.” Gli sorrido. Sorrido sempre quando saluto. E’ quasi un meccanismo automatico: se saluto, sorrido. Se non voglio sorridere ad una persona non la saluto.
“Le vorrei parlare, se lei avesse un po’ di tempo”
Marco mi racconta una situazione abbastanza comune. Gli piace vestirsi da donna e ha un sacco di domande.
Che poi, saranno le solite: 'ma com’è prenderlo al culo, fa male?', sempre che non lo abbiano già fatto.
E poi 'ma quindi sono frocio?'
Che significherebbe 'non appartengo più al club dei maschi', come se quel club non ne fosse pieno.
Forse, chi fa questa domanda, cerca solo qualcuno che gli dica 'sì, sei frocio'. Come se poi le cose cambino quando si viene spinti in queste categorie.
Ma forse non è il suo caso.
Gli offro una tazza di tè. Chiacchieriamo. Lui mi racconta tutto. Si vede che ha una gran voglia di raccontare. Chi ha un segreto come quello, vive nella solitudine.
E con il passare del tempo, il voler raccontare, il voler scappare dalla solitudine, spinge a frequentare chiunque. I primi che ci accettino. Spesso persone che sperano di trarre qualche vantaggio da noi.
Persone come me.
Non ho consigli.
Cosa gli posso dire? Che ho iniziato a travestirmi per gioco, poi per amore, poi per sesso e ora… per soldi. Che speranze posso dargli?
Lo mando via. Gli dico che deve venire un cliente.
Lo mando via perché la sua presenza mi dà fastidio. Non so perché. Lui, bravo ragazzo, magari con una fidanzata, che va in giro con la macchina di famiglia, magari studia… e scopre che gli piace vestirsi da donna. Non so perché mi dà fastidio, forse perché un giorno troverò lui, o qualcuno come lui, che mi tira i sassi alle finestre dicendo che sono uno zozzone che deve andare via, perché squalifico la zona.
Forse Marco non è così, ma per ora la sua presenza mi dà fastidio e lo mando via.
25/01/2024 Giulio
25/01/2024
La doccia che mi purifica, che mi leva tutto di dosso.
Vorrei una doccia per i miei pensieri, per la mia anima.
Sono sotto la doccia da non so quanto tempo. Devo uscire.
Giulio è andato via.
Uno dei tanti. Mi appunto per ciascun cliente fisso cosa gli piace, cosa non vuole. A lui piace l’intimo ricercato e non vuole le tette finte, gli bastano le mie.
Una volta mettevo anche una specie di voto. Poi ho smesso. Quando mi sono accorta che nessuno più superava la sufficienza. Capii che il problema non era loro, ma di chi li valutava. Che magari volevo qualcosa di più.
Tutti vogliamo la sicurezza, senza renderci conto di quanto sia monotona. E senza che ce ne accorgiamo ci troviamo immersi in qualcosa che non ci fa più eccitare, in preda alla paura di perdere tutto. Che poi, è l’unica eventualità certa.
Per fortuna che vado in cam.
Mi vesto, mi organizzo. Quando non ho clienti vado in onda. Proprio come una soubrette televisiva.
Se fossi brava, organizzerei anche balletti, spettacolini. Ma non lo sono.
Chatto con tutti, per lo più in pubblico, con alcuni anche in privato.
Certo, lo scopo è sempre quello: loro mi guardano, si eccitano si masturbano. Tutto gratis, e io sono contenta di farli eccitare. Sono contenta perché in quella frazione di secondo, del loro orgasmo, io sono la protagonista dei loro pensieri.
Devo dire che mi piace, che mi dà soddisfazione.
E ho i miei amici che trovo sempre.
Sì, mi fa piacere trovarli, mi fa piacere che mi riconoscano e che io riconosca loro.
Sono persone. Ciascuno con la propria storia, i propri drammi le proprie speranze, emozioni.
E mentre penso ai miei amici in cam, l’acqua scorre, sono ancora sotto la doccia. Ma non riesce a portarmi via dalla testa Giulio.
Bell’uomo. Normale nei modi. Non dice mai nulla, il tempo di pagare, di spogliarsi, di eccitarsi, di scoparmi, di sborrare nel mio culo e di andare via.
Ed è lui che mi fa pensare che se fossi donna, potrei correre il rischio di non riuscire a lavarmi via proprio tutto di lui. Che qualcosa potrebbe rimanere in me, e da questo inizierebbe una nuova vita.
Sono cose a cui non devo pensare.
La maternità che mi è proibita. Che la natura non mi ha regalato. E questa cosa mi dà la dimensione di quanto io sia di fatto inutile, di come la mia vita sia solo apparenza.
26/01/2024 Giorgio
Mi sto mangiando il mio passato di verdure. Ci gratto sopra un po’ di pecorino che mi ha portato Giorgio.
Che cosa antica e anche un po’ romantica, questa di portare i prodotti della propria terra. Come se oggi al super non potessi trovare il pecorino sardo. Certo, non può essere come quello che viene dal paese. E’ un regalo gradito, mi piace il suo sapore e la sensazione che mi dona: mi ha regalato un pezzo della sua terra, rendendomi partecipe di un ricordo che non ho; una specie di eucarestia laica.
Giorgio è un simpaticone. Ci tiene a raccontarmi del suo paese. Come se fosse in un altro mondo.
Già, forse è in un altro mondo.
Più di una volta mi ha detto “sai, donne come te al paese mio non le trovi mica”.
Che io considero un complimento, dato che mi paga, quindi mi apprezza positivamente. Ma non capisco se si riferisce a prostitute o donne con il pisello.
Una volta mi sono offerta di comprargli il formaggio.
Non dico che si sia offeso ma quasi. Mi ha liquidato con “non si può comprare tutto con i soldi”.
Mi sono sentita sprofondare.
Mi sono sentita piccola, abietta, quasi repellente.
Non dico bugie a me stessa. Quello che ottiene da me lo ha solo per soldi. Potrebbe essere un caro amico, ma nulla di più.
Che poi, cosa ottiene? Quello che hanno tutti gli altri: lo accolgo, parliamo, lo carezzo un po’, alle volte un pompino, ma è meglio non attardarsi. Subito mi entra dentro. Qualche mugolio da parte mia, un po’ vero, un po’ recitato. Ma dopo lui fugge, come tutti gli altri.
Vorrei essere un po’ carina con lui, chiacchierare, sentirlo parlare del suo paese… ma scappa.
Perché scappano tutti?
Finisco il mio passato di verdure.
Guardo il pezzo di pecorino e ripenso a Giorgio. Forse, non lo vorrei come amante, forse non lo amerei, ma mi farebbe piacere ora mangiare insieme a lui.
E capisco allora cosa ottiene pagando: la mia solitudine.
27/01/2024 Luca
“Sì, squartami!”
“Ahhhhh”
“Hai un cazzo enorme, ti prego fa piano”
“Non ti fermare, aprimi, ti prego”
Insomma, siamo andati avanti così fino a che non ha sborrato.
8 minuti circa, non è male.
Era contento quando è finita.
Luca, avrà 50 anni, portati malissimo, gliene darei 60, ma ciascuno è frutto della sua storia.
Però non è come gli altri, non scappa.
Mi piace, rimaniamo a parlare un po’.
È solo. Separato, niente figli, i genitori sono morti da diversi anni, non ha fratelli.
Alle volte la sua solitudine la capisco, la sento vicina.
Parliamo di cose sciocche mentre faccio il caffè.
Anche questa volta lo fa, si avvicina da dietro, mi abbraccia, mi bacia sul collo scostando i capelli.
“Sei bellissima con questa vestaglia”
Beh, mi piace confezionare bene la mercanzia. Alle volte penso che una donna non andrebbe mai a letto con reggiseno, reggicalze, calze … ma è il mio abbigliamento per gli ospiti. Non ho rimesso le mutandine, ma ho infilato la vestaglia. Trasparente, molto delicata. L’adoro.
Mi lascio andare nel suo abbraccio. Per un istante perdo la cognizione del tempo, dello spazio. Sento solo il suo calore, il suo bacio sul collo, il suo corpo che aderisce al mio in un abbraccio energico, ma delicato.
Una donna ha tutto questo? Lo ha quando vuole?
Gli dico solo “grazie”
“Ma scherzi, grazie a te”.
Ci prendiamo il caffè sul muretto che separa l’angolo cottura dal soggiorno.
In genere non gli devo chiedere nulla, è inevitabile che si metta a parlare di quando era sposato.
Evito sempre di prendere le sue parti, intendo mentalmente. Con lui assumo il classico tono: negativo contro di lei, commiserevole con lui.
È inevitabile annoiarsi a questi racconti, alla fine non so che dire.
Lo abbraccio, sono più alta di lui, soprattutto con i tacchi. Lui tiene il capo sulla mia spalla. Sta piangendo.
Sono però stanca. Questa volta sbotto: “vi siete sposati, avete avuto momenti felici, vi siete scelti. Dovresti smetterla di pensare alle cattiverie, alle ritorsioni di quanto vi siete separati, e pensare a quei momenti, che sono vostri, che sono tuoi e nessuno può levarteli. Certo, non ce ne saranno altri, con lei; ma credi forse che per una coppia che sta insieme da 30 anni, ce ne siano?”
Mi guarda perplesso.
Mi risponde con un sommesso ‘hai ragione’.
Ecco, anche lui inizierà a scappare. O, forse, non verrà proprio più.
29/01/2024 Luca
“Lo sai che sconti non ne faccio, vero?”
“Due ore, come le altre volte.”
Luca è voluto tornare.
Mi fa piacere, pensavo che dopo l’altro giorno non sarebbe tornato più.
Lui si siede e gli levo le scarpe. Adoro quando lasciano fare tutto a me. Gli levo le scarpe, i calzini.
Credo che si sia fatto la doccia e si sia cambiato. Altre volte, si sentiva che non lo aveva fatto.
Poi si alza, e gli apro i pantaloni, gli levo la felpa, la maglia. Mi soffermo a carezzargli il petto. Villoso, ma non troppo, sodo. Peccato per quella pancia. La mia mano dal petto si sposta sui fianchi, così mi posso avvicinare e lui può sentire il mio profumo. Sono con il mio négligé nero, non ho imbottito il reggiseno, le coppe le riempio con le mie tette. Reggicalze, calze, mutandine. Tutto come da regola.
Ci abbracciamo e io infilo le mani nelle mutane e gliele abbasso, abbassandomi anche io. Così con il viso mi porto all’altezza del suo pube.
Il pene si sta gonfiando. Lo lecco. Gli lecco le palle, lo bacio mentre si sta svegliando.
Mi rialzo
“Sei bellissi…” sta per dire ‘bellissima’, ma lo fermo con un dito sulla bocca. L’unghia laccata lucida, rossa, crea un punto sul suo viso, rude, cupo, quasi tetro, di persona obesa, di orsetto bisognoso di affetto.
Gli pendo la mano, lo spingo sul letto, si siede. E’ nudo, disteso. Completamente in mia balia. Mi metto su di lui, come per cavalcarlo, ma ancora è presto. Gli metto le mani sulle spalle, lo massaggio. Gli bacio il collo, gli tocco i capezzoli, lui chiude gli occhi, sorride.
Comincia a ergersi il suo pene. Non è gigantesco, ma è giusto. Mi piace, è pulito. Si è preparato per venire, grazie, non so come dirglielo.
Anzi, lo so: inizio a baciare il glande. Il maschio lavato è un’altra cosa. Sento una gran voglia di averlo in me. Mi devo frenare. Lui è il cliente, no io. Lui deve godere, non io.
Ripeto questo quando sento le sue mani su di me. Mentre gli sto baciando la sua asta, mi carezza.
Sono carezze di mani grandi, affettuose, pesanti. Mi prende una voglia irrefrenabile. Lo voglio in me, non resisto più. Ma mi impongo di rallentare. Gli metto il preservativo. Carponi sul letto lascio che lui mi metta la crema. La sua mano è enorme. Anche io ho un sedere gigantesco, ma rispetto alla sua mano, nello specchio, mi sembra normale. Il suo dito entra in me. Ho un sussulto, provocato da piacere e dolore.
E’ dritto, duro, profumato. Basta, lo devo cavalcare. Mi metto su di lui, in una posizione dolorosissima per le ginocchia, ma sono allenata.
E’ in me. Lascio che lui mi sollevi e mi faccia riscendere. Mi solleva così tanto che posso allungare le gambe ai lati della sua testa. E delicatamente mi fa scendere, la penetrazione è lenta, delicata.
“Siiiii” gli faccio capire che sta facendo bene
Lui è dentro di me. Il mio peso mi tiene su di lui. Mi rendo conto di non aver forze per alzarmi e abbassarmi. Lo deve fare lui.
E lo fa.
Mi rilasso completamente, lui è padrone di me, del mio peso, del mio corpo.
Sono felice di essere sua.
“sei stata meravigliosa”
Cosa sto facendo! Sono distesa vicino a lui, gli rivolgo le spalle, sono poggiata sul suo braccio possente. Lui, con l’altro braccio, mi cinge la vita. Mi tiene stretta a sé. Voglio dirgli solo una cosa ‘non mi lasciare, rimani così’
Ma… “grazie Luca, tu sei stato fantastico”.
“Me lo sono meritato un caffè?”
Non capisco perché si è separato. E’ un pensiero che non mi posso permettere, è un pensiero che devo scacciare subito, ma quanti uomini mi hanno tenuta così? Quanti mi hanno fatto sentire così? Rispetto a tutti quelli che ho avuto? E non capisco perché l’abbia lasciato. Ma è una domanda che non gli posso fare.
Rotolo sul letto, per alzarmi.
“Accidenti, mi sa male il culetto”
“Povero, vieni che ti do un bacino”
Mi giro e gli lascio fare. Ovviamente è solo un bacetto, “ora sta meglio, grazie”
Mi rimetto il négligé nero. Mi sono sempre domandata che li facciano a fare: sono trasparenti! Ma non ne posso fare a meno. Lui mi guarda mentre mi alzo, mi giro per la stanza, gli piaccio, indugio su di lui, disteso, gli do un bacio in fronte, e una carezza. Lo vedo tenero.
“Vado a fare il caffè”
Lui non fuma, neanche io. Ma non riesco ad impedirlo a quelli che hanno il vizio.
Preparo la macchinetta. Arriva. La camera dista pochi passi dall’angolo cottura. Si avvicina. So che farà. Il solito rituale, mi bacia il collo, con una mano sposta i capelli, con l’altra mi cinge la vita e mi tira a sé. Mi fa sentire accolta, scaccia la mia solitudine. La sua mano scende. Le sue dita arrivano al mio pisellino. Sento che lo carezzano. Metto istintivamente una mano sulla sua. Due dita spingono delicatamente il pene verso l’interno, il mio pene scompare, e le sue dita mi fanno un ditalino, carezzando internamente il glande dentro di me. E mentre una mano è impegnata, con l’altra mi spinge il cazzo nel culo, dilatato dalla precedente cavalcata.
E’ insaziabile, ma non è protetto, mi sta scopando senza preservativo. Cerco di divincolarmi, ma non riesco. E’ fortissimo e il piacere immenso. Non so quanto dura, non so quanto duro io. Le sue dita escono da me completamente bagnate dei miei umori e sento il suo getto dentro di me.
Non va bene, mi ripeto all’infinito che non va bene. Perché non ha messo il profilattico, perché questa violenza.
Mi viene da piangere.
“Non ti è piaciuto?”
“Luca, no, no.” Riesco solo a dire “Luca no”.
Crollo sul divano piangendo.
Come una femminetta cretina.
Del resto, sono una femmina cretina. Cosa pensavo, che mi avesse amato per la vita? Che ora mi avrebbe presa per moglie, magari mettendomi incinta, fermandosi solo a tre?
“Perché Luca, è stato meraviglioso, perché hai voluto farlo così”
“Non caspico, così come”
“Senza guanto, stronzo!” Urlo. E piango.
“Mi sono sentito di farlo così”
Ecco come sono i maschi. Si sentono una cosa e la fanno.
“Ok, farai le analisi e io farò le analisi, qui non torni senza una certificazione”
“Ma che stiamo a scuola?” Crede di aver detto una cosa buffa.
“Peggio, lì ti potevano solo bocciare.”
Che delusione, penso solo a questo, fino al giorno dopo, a quando vado a prendere appuntamento per le analisi.
10/02/2024 Marilena (un altro Marco!)
Una confidenza.
Lei è Marilena. 51 anni.
La prima cosa che mi ha detto, in modo quasi perentorio, come un punto fisso: “io amo mio marito”
E una di quelle frasi alla fine delle quali ci si aspetta il ‘ma’; e poi il resto che potrebbe mettere in discussione l’assunto iniziale. Assunto che deve però rimanere un caposaldo.
“Marta, io amo mio marito. L’ho sposato per amore. Sapevo com’era fisicamente. Prestazioni a letto, minime, fisico, lo stretto necessario, addome pingue, calvizie. Sapevo tutto ma sapevo anche della sua affidabilità, di come era tenero con me, rispettoso con i miei genitori, i miei parenti. Anzi, più che rispettoso. Era, ma lo è ancora, come se facesse proprie le mie emozioni e le descrivesse, con semplicità ma efficacia. Questa cosa per me era importante e lo è tutt’ora.”
Si mette a piangere.
“Ma è arrivato Marco. Marta mia, non so come descrivertelo senza passare per donnaccia
“Giovane, alto, capelli ricci biondi. Alle volte si lascia crescere un po’ la barba e io pensavo a come potessero essere i suoi baci.
Gentile, ma esigente. Volitivo anche se in ufficio non conta nulla. Assertivo anche nelle sue mansioni da ‘va a prendere i caffè’
Non so come riesca ad essere un servetto ma imperioso.
E poi, ha dei muscoli sodi. Li sentii la prima volta quando, inavvertitamente, ci siamo urtati e stavo per cadere. Mi ha sorretta. Per una frazione di secondo mi sono sentita completamente in sua balia.
Capitato per caso, piacevole, passato nel dimenticatoio?
So solo che ieri, come sta capitando ormai da 4 mesi, ogni mercoledì, dopo il lavoro ci vediamo a casa sua e mi scopa in modo che…”
Non trovava le parole, il suo racconto si era interrotto, e le uscivano delle lacrime.
“Marta, non riesco a fare a meno della sua fisicità, di questi momenti di passione. Non solo ho assaggiato i suoi baci con la barba, ma ho sentito com’è quando mi bacia le seconde e più sensuali labbra… come diceva il Rapagnetta.”
Fa una pausa, ride ma sta piangendo.
“Sai, così me l’ha chiesto la prima volta: ‘Mari, ti voglio baciare le seconde e più sensuali labbra’. Quasi mi mettevo a ridere, ma dopo non ridevo più.
Il suo comportamento è al limite del ridicolo. Ma non quando è nudo e siamo al letto. Quando lo sento dentro di me sono viva.
So che è sbagliato. Per mio marito, per i figli. È sbagliato anche per lui, che magari dovrebbe trovarsi un rapporto più stabile. Sbagliato per il lavoro.
Lo so che alla fine mi chiederà qualche favore e, se non glielo dovessi fare, chissà cosa farebbe”
Cosa farebbe. Marilena è preoccupata. Ma ho capito che non era quello il motivo per cui mi stava raccontando tutto. Non riusciva ad essere sola con il suo segreto.
La sua vita tranquilla è stata rivoltata dalla fisicità di un amante.
Sinceramente non credevo di raccogliere la sua confidenza. Siamo solo vicine di casa. Una delle poche che mi saluta. Sì, lo fanno anche gli altri, ma si nota proprio tanto che si sforzano. Del resto, per loro sono una zoccola che si porta i clienti in casa. Anche se ho l’ingresso indipendente, è sempre un deprezzamento per l’immobile.
Sul fatto che sia un maschio, solo una mi fece qualche problema. Ferma all’ascensore, rivolgendosi a non so chi, diceva a gran voce ‘ma non lo so mica come mi devo rivolgere, se come ad un uomo o una donna’
Ricordo che mi avvicinai e le dissi semplicemente ‘Signora, con educazione, come io lo faccio con lei, senza urlare’
Era esagitata, forse fuori di testa. Non raccolse il consiglio, non capì, rimase a dire a gran voce ‘E’ che oggi non si capisce più nulla, uomini donne… è diventato proprio uno …’
Ovviamente la lasciai parlare a tutti e a nessuno, segno che probabilmente non era più ascoltata, proprio come capita ai vecchi. Urlare non sarebbe servito, infatti smise.
Nessuno ci ascolta, allora parliamo alla prima persona che ci capita davanti, oppure urliamo.
Marilena mi confida semplicemente quello che io so da tanto tempo. I miei clienti, per lo più, sono uomini sposati; appesantiti dagli anni, vessati dalla vita, tristi. Credono che una sborrata regali loro qualche momento di felicità.
Se così, svanisce presto, dato che vanno via sempre peggio di come sono arrivati.
Ma hanno potuto vivere il prima, la follia dell’appuntamento con il proibito.
Forse si deve essere capaci di separare il mondo, in modo che si possa essere un buon marito, o una buona moglie, ma senza levarsi alcuni piaceri, alcune emozioni. Magari, tornerebbero a casa, e ritroverebbero la moglie o il marito, sarebbero contenti di rivederli, e non si rivolgerebbero in modo rabbioso, conflittuale, ma con quella piccola dose di dolcezza del bambino che si vuole far scusare.
Marilena aveva bisogno di sfogarsi. Non certo di una soluzione ai suoi problemi.
Un domani, se si venisse a sapere, il mondo della gente perbene collocherebbe Marilena in una casella vicinissima alla mia. Forse lei ha paura di questo.
Mi faccio un giro in CAM, magari c’è qualcuno con cui parlare.
15/02/2024 Gianni, Marilena
Riversa sul letto, abbraccio il cuscino. E’ bello stringere qualcuno. E’ bello lasciarsi trasportare da quel movimento ondeggiante, sulla spinta di Gianni che mi sta dietro, che mi sta dentro.
Gianni è rassicurante, mi carezza, mi tocca.
Quando mi entra lo fa sempre con delicatezza. Mi piace tanto. Quando so che viene mi preparo sempre con cura. Come farei per uscire con un fidanzato. Ricontrollo la depilazione, trucco, e sempre lingerie. Non eccessiva, ma sexy. A lui piace tanto.
Purtroppo, i momenti belli sembra che durino istanti. La sua eiaculazione determina sempre la fine di tutto. Com’è crudele la Natura: ci regala questi momenti di piacere, finalizzati solo per spingerci alla copula. Come sono crudele io con la Natura, provo piacere in quello che non è finalizzato alla riproduzione. Una mia piccola vittoria su di lei.
“Marta, sei sempre stupenda”
“Gianni, questo è per te”
Mi aveva fatto intendere che gli avrebbe fatto piacere: ho preparato una bustina con dentro delle mie calze, un paio di mutandine.
“Sei tutta matta, grazie!”
“In ogni caso, sono pulite”
“Ma grazie cara. Che bel regalo”.
Gianni vive con la mamma da quando ha perso il papà. E’ un pensiero che ho fatto, credo che non abbia difficoltà a tenerle. Magari uscito butterà tutto nel primo secchio.
Le calze che si smagliano mi ricordano sempre mamma. Si lamentava che le sedie della cucina, consumate, gliele rovinassero e si arrabbiava quando noi figli mettevamo i piedi sopra, perché eravamo la causa della loro consunzione.
Al tempo le calze costavano sicuramente di più, poi lei portava collant quindi, bastava rovinarne una gamba…
A distanza di anni da quando ho iniziato a vivere al femminile mi sono accorta di non trovare comodità nei collant. Ho sempre pensato che fosse per un discorso di sicurezza. Ci si sente protette in posti vulnerabili. Ma io quando li metto non provo questa sensazione; forse è conseguenza dell'avere un pene e non una vagina.
Gianni prende il pacchetto, lo ripone nel suo zaino.
Sta per andare via, mi avvicino e lo abbraccio. Senza tacchi sono leggermente più bassa di lui. Gli poggio la testa sulla spalla. Come potrebbe fare una moglie quando il marito va al lavoro.
Lui ricambia l’abbraccio. Con la stessa superficialità che un marito userebbe se la moglie lo abbracciasse quando sta uscendo. Lo preferivo quando era mio, quando lo tenevo dentro di me.
Mi squilla il telefono, che tempismo, proprio nell’istante in cui ho chiuso la porta dietro le spalle a Gianni.
Marilena. Mi dice se può passare a trovarmi.
Faccio mente locale, sì, dalla sua finestra può vedere la mia porta di casa.
Le offro un caffè.
Parliamo
Le solite chiacchiere da vicine di casa.
Ma credo che non sia venuta per questo, forse non sa come avviare la confidenza sul suo Marco.
Ha perso l’occasione del “come stai” iniziale.
Le dico direttamente “allora, come va con Marco?” Non ho fatto caso che oggi è giovedì. Ieri era il giorno dell’incontro.
“Marta, non riesco a dirlo senza vergognarmi”
“Di cosa Marilena? Dai, siamo donne”
Alla mia affermazione mi ha lanciato un’occhiata particolare, ma subito è andata oltre
“E’ meraviglioso. Dopo che sto con lui non m’importa più di nulla. Se piove, se fa freddo, se al lavoro ci sono persone che mi odiano… tutto scompare.
“Marta, non credevo che una scopata potesse farmi stare così”
“Mari, non sei contenta di aver trovato questo momento di gioia? Non tutte abbiamo la stessa fortuna”
“Marta, certo, sono contenta ma anche tanto preoccupata.” E continua “ e poi vorrei che anche mio marito potesse vivere momenti come quelli che vivo io”
Non riesco a trattenere una lacrima di commozione. Marilena amerà veramente il marito così tanto da volerlo vedere felice? Oppure è solo un alibi, una messa in scena con me che mi sta facendo diventare il suo giudice?
16/02/2024 Marcello - alias Lellina
Reggiseno, mutandine, reggicalze.
Ai maschi piace questo trittico. A Marcello, nome che gli ho dato io e ha subito ha accettato, piace anche indossarli.
Io gli do i miei e poi li lavo bene.
Ovviamente anche calze. Lui è in piedi davanti a me, lo specchio dell’armadio. Si guarda, si piace.
Sì, credo proprio che si piaccia, e lo si vede da come le mutandine sono gonfie.
“Ti piace essere così femmina, così porca?”
Lo carezzo sul viso, la mia mano fasciata da un guanto nero, alla parola ‘porca’, gli serra il collo.
Ho messo la tenuta da padrona. Già, le padrone pure vestono in un certo modo nella fantasia maschile. Tuta effetto bagnato, ovviamente nera. Cinta e altri accessori tutti di cuoio, con borchie. Mi sembro un residuato di carnevale.
Lo vedo che sta avvicinando le mani al suo cazzo.
“No! Ferma sai, non ti toccare. Tu sei una schiavetta e fai solo quello che dico io.
“Chinati!” gli ordino.
“Allarga le gambe, dai su, non temere, mica ti faccio male! Metti in mostra il tuo fiore”
Gli piace.
Gli piace ricevere ordini.
Gli piace che qualcuno gli ordini di prepararsi per riceverlo.
Io non sarei in grado di approfittare, le mie erezioni sono da diversi anni inesistenti.
Lubrifico l’asta dello strapon e il suo buco. Infilo le dita, infilo il lubrificante.
Glielo spingo dentro. Prima delicatamente. Sento che mugola, che geme. Lo tiro fuori. Poi lo rispingo dentro, sempre delicatamente, finché non sento che non offre più resistenza. Quando entra bene, lo lascio entrare tutto.
Io sono delicata, al contrario di alcuni che me lo buttano dentro con forza, senza aspettare, senza darmi il modo di preparare per riceverlo, come se fossi veramente una loro preda da dilaniare, da sottomettere con il dolore.
Con Macello mi tengo sempre libera per due ore. Un’ora non basta mai. E’ il problema della sodomia con oggetti di gomma è che alla fine non c’è nessuno che sborra e quindi si potrebbe andare avanti per ore. Una vero ginnastica cardio.
“Dai Lellina, segati ora puoi farlo”.
“No dai, lasciamelo dentro”
Gli rimetto il plug.
“Un giorno ti vesto, ti trucco e ti porto a fare la puttana per strada”
Gli piace questa fantasia, sborra e quindi sappiamo che è soddisfatto.
E’ tutto rosso in faccia. Mi restituisce i miei abiti, li metto da parte, penso solo a sistemarli per lavarli.
“Ti dispiace che non ti scopo?” Mi chiede, un po’ a bruciapelo. Veramente non capisco il motivo della sua domanda, Rispondo in modo vago “no, va bene anche così”
“Perché a te piace prenderlo al culo, vero?”
Che gli devo dire? Cosa gli farebbe piacere sentire?
Sì, mi piace riceverlo. Anzi, come dice lui ‘mi piace prenderlo al culo’; alcuni capiscono solo dicendo così. Mi piace tanto, ma non significa che lo voglio prendere da chiunque.
I maschi non capiranno mai il significato di fare entrare qualcuno nel proprio corpo. Il livello di intimità che provo. E quanto fastidio provi quando lascio entrare persone che non mi piacciono.
No, non possono capire, sono maschi.
I maschi entrano, escono e per loro finisce tutto lì.
Io ricevo in me. Li faccio entrare, sento che con loro divento una cosa unica, forse per pochi istanti, ma talvolta mi sembra di espandere il mio corpo.
“Certo Lellina, mi piace, ma mi piace che tu sia contenta”.
Lellina, diminutivo di Marcellina, di Marcello al femminile.
Rimetto in ordine la stanza, gli oggetti prima li lavo bene con un antisettico.
Metto a lavare le mie cose e sento il peso di dover fare tutto da sola, sempre. Di non avere con me un’altra persona con cui condividere dei momenti di normalità.
Provo a chiamare Marilena. Chissà, magari le va una chiacchiera.
17/02/2024 Marilena
Vado con lei a fare shopping!
Non ci posso credere.
È un’emozione elettrizzante!
Ieri avevo provato a sentirla, senza riuscirci. Poi Marilena mi ha mandato un audio proponendomi l’uscita. Emozione alle stelle!
Le ho subito espresso se aveva qualche preferenza su come mi dovessi presentare, maschile o femminile? Lei mi ha mandato un vocale dolcissimo, rassicurandomi sull’andare come mi sentivo. Quindi vestirò femminile, ma ovviamente morigerato. Pantacollant, scarpe con un po’ di tacco, maglia lunga. Trucco leggero: correttore per la barba, rossetto rosa, occhiali e ovviamente Parrucca.
È stupendo! Non riesco a dormire, passo la notte in cam.
Nonostante la notte passata praticamente insonne, mi sono riuscita a ricomporre in modo decente. Del resto, il fondotinta fa miracoli e gli occhiali coprono le borse degli occhi.
Cosa ricordo?
Una situazione meravigliosa: era tutto normale.
Camminavamo per il centro commerciale mi sentivo leggera, tranquilla. La presenza di Marilena mi faceva sentire sicura. Un po’ pensavo che tanto lei attirava l’attenzione, un po’ non ci pensavo proprio.
Ci siamo soffermate alle vetrine, abbiamo anche fatto acquisti.
Abbiamo parlato molto, ma la gente spingeva ad essere più riservate.
Non ha accennato a suo marito, né a Marco.
Poi siamo arrivate a casa e l’ho salutata con un abbraccio.
Continuo ad essere condizionata dal mondo, dalle occhiate, dai giudizi.
Non ne uscirò mai da questa condizione.
28/02/2024 Marilena
“Ti prego, no, mi fai male, fa piano”. Lo sto implorando. È entrato in me. Lo sento forte determinato, duro come un sasso. Ma lui non desiste. Continuo “Ti prego no, mi fai male” Piango, mi lamento, mordo il cuscino, riversa sul letto, lui dietro che mugola come un animale.
Ovviamente è tutta una scena. Mi preparo sempre lubrificandomi. Poi, lui, con tutta la sua foga, è quello che paga per un’ora ma poi sborra in pochi secondi.
Ma gli piace essere violento, gli piace sapere che mi fa male.
Già, ci sono quelli come lui. In genere li riconosco abbastanza facilmente.
“Mi dispiace se ti ho fatto male”, mi dice.
Non è vero, vuole solo la conferma, poi continua
“È che sei bellissima e non resisto.”
Già la colpa è la mia. Sa che mi fa male, gli piace e alla fine, la colpa non è la sua.
“Tranquillo, sì, mi sono sentita come se mi dilaniassi, ora devo stare due giorni a riposo.” Lo vedo gongolare di questa cosa, magari se ne vanterà con gli amici. “Ma so anche che sei un uomo molto dolce. Alle volte esce da te come un mostro. Ma ti posso garantire che anche lui ha un suo fascino”.
Sì, di questa cosa se ne vanterà con gli amici, non so quali, non so in che occasione, ma sarà contento. Mi lascia altri 30 euro.
Ho visto un video dove il cercare un continuo consenso dall’esterno dipendeva da problemi durante l’infanzia. Poveri mamma e papà, non gliene faccio nessuna colpa, anche loro ne avranno passate tante durante la loro infanzia. Beh, in questo caso compiacere un violento mi ha fruttato un po’ di soldi. Com’è che diceva “se sulla tua strada incontri un ostacolo, fa diventare strada l’ostacolo” E io metto a frutto la mia esigenza di compiacere.
Lui è stato contento, io sono contenta e mi ha pure pagata.
Poi, tornerà. Certo che tornerà.
Oggi Marilena vede Marco.
Non mi ha mai dato nessun particolare sui loro incontri.
Non che ne voglia… solo curiosità professionale.
29/02/2024 Marilena, Alessio
Mi ha bussato alla porta.
Per fortuna che un cliente non è potuto venire e sono libera.
Piange.
Mi racconta di come Marco l’abbia ignorata per tutto il giorno non rispondendo ai messaggi.
Alla fine, lo ha aspettato di fuori. Lui messo alle strette le ha detto che non si potevano più vedere.
Che parole abbia usato non lo so, tanto il senso è quello.
È distrutta. Tornata a casa il marito le ha chiesto cosa c’è che non andasse. Ha inventato che una sua collega ha perso il marito.
Quando è venuta da me era completamente distrutta.
È difficile trovare le parole giuste, è una persona intelligente, sapeva cosa sarebbe successo.
Le preparo una tisana.
Ovviamente i soliti racconti. Mica è la prima volta che mi capita di raccogliere i cocci dell’animo di un’amica.
Deve passare questa fase e forse ci sono solo io che la posso ascoltare.
Spero di non diventare la bara per il suo dolore.
Mi è capitato diverse volte che una persona mi racconti il suo dolore, non necessariamente un’amica stretta. Dolore di separazioni, perdite, amore non corrisposto.
Dopo il racconto, scompaiono.
Ecco che divento la testimone di quanto è accaduto, come un album di foto che non vuole rivedere, che esiste e sta lontano dal suo cuore.
E mentre parla, mentre mi illustra quello che ha dovuto fare, quello che ha dovuto subire… mi vedo sempre più come una tomba. Mi sta riempiendo.
Spero solo che non voglia vendicarsi con lui, che accetti il distacco, la separazione, senza pensare a qualche ritorsione. Le farebbe solo male.
Poi, ad un certo punto, mi lancia una frase che mi fa stare malissimo. “Ma come fate voi maschi ad essere così stronzi!”
Altro che tomba, secondo me vuole farmi male per vendicarsi del genere maschile usando me. Eppure, ho una bella parrucca fluida, un trucco leggero ma un rossetto visibile, un vestito a fiori, nulla di stravagante, per stare a casa.
Quindi mi vuole ferire sapendo che io non posso ribellarmi.
Che le rispondo? Che i maschi sono stronzi, certo. Non capirebbe altro se non un sostegno alla sua tesi. Come se poi, in casa di Marco, ci sia stata portata a forza. Ma sono tutte cose che già sa.
Devo solo capire, ma per una curiosità personale, se quello che le dà fastidio veramente è che sia stato lui a dire no, prima che glielo dicesse lei.
E allora glielo chiedo.
E lei rimane di sasso.
Già, bella mia, il fatto che io sia quello che sono, non ti dà mica il diritto di trattarmi male.
“Mari, lo sai perfettamente che prima o poi sarebbe finita. Lui ha detto basta perché … non lo so, anzi, lo trovo piuttosto strano, in genere i maschi tirano avanti all’infinito, traccheggiando in mille modi. Ma lo ha fatto. Tu ancora rivedi i momenti magici che ti mancheranno ma, se ora fai così, non ne avrai neanche più il ricordo. E poi, ripeto, non è che ti brucia il fatto che ti ha dato il ben servito lui? Non è che il tuo sia solo orgoglio?”
Mi ha risposto in modo serio e rigido come temevo
“No, io l’amo, per me era diventato tutta la mia vita.”
“Ed eri pronta a lasciare tuo marito?”
“Certo”
Va bene, se la sta raccontando proprio a colori.
“Allora perdonami, capisco la grandezza del tuo dolore, anche io sono stata mollata”
“Ma poi, ti sei fatta un paio di clienti e ti sarà passata”
Quindi, ho colpito e affondato! Il suo colpo basso è solo una rappresaglia al mio, che non era un colpo basso, ma solo un rompere il suo filmetto rosa che la fa sentire tanto ‘sedotta e abbandonata’.
“Scusami, sono proprio una stronza, non volevo dirti così” cerca di scusarsi.
“Guarda, capisco, sei sottosopra, ma se tu pensi che due clienti possano farti passare un innamoramento vieni, te ne presento quanti vuoi” rido.
Anche lei. È proprio bella vederla ridere, anche con gli occhi rossi e gonfi di pianto.
Beviamo la nostra tisana.
Riflette. Pensa.
Mette la tazza sul tavolo, sistema il tovagliolo, allinea il cucchiaino sul piattino.
I suoi movimenti sono lenti. Quasi un rituale.
“Hai ragione Marta, sono stata una stronza, e mi dispiace. Soprattutto, hai ragione: mi rode che sia stato lui a mollarmi”
“Mari, sono stata stronza pure io. Non ti scusare”
“Ma tu avevi ragione”
“Avere ragione, non mi dà diritti, ma se toccare la realtà ti può aiutare a stare meglio, meglio”.
Do peso al secondo meglio, diventa quasi una promessa, che continuerò ad essere stronza.
Ci guardiamo negli occhi per una frazione di secondo, poi diventa un secondo intero.
Credo di non aver mai guardato negli occhi una persona per così tanto tempo.
Forse è amicizia pura, o forse complicità.
Nel pomeriggio viene Alessio. Sempre di corsa, sembra il Bianconiglio di Alice
Lo ricevo con il vestito a fiori.
Lui, forse abituato a vedermi in nero, nel vedermi, trasalisce.
“Marta sei bellissima!”
Faccio qualche passo davanti a lui, facendo ondeggiare la gonna ampia. Avevo pensato anche di mettere una sottogonna. La prossima volta la metto.
Oltre ad essere contenta per il sodalizio con Marilena, sono contenta per quel vestito e che gli piaccio.
Lui è sempre lo stesso: frettoloso.
Ma questa volta glielo dico “Alessio” guadandolo negli occhi “devi fare piano. Lo dico per me e per te, fidati, poi è meglio”
È rimasto stupito della mia presa di posizione.
Gli bacio il collo. Gli apro la camicia. Lui si immobilizza.
I calzoni scendono. Lo ha già durissimo e con la punta bagnata. A braccia larghe sul letto, io a cavalcioni sopra che faccio tutto.
Lo bacio, lo carezzo. Sono io la protagonista della sua eccitazione.
Credo che sia la prima volta che utilizza tutta l’ora pattuita.
Io gestisco la sua eccitazione e sento sgorgare il suo piacere dentro di me. Ne sento il liquido, il calore.
Le ginocchia indolenzite mi fanno malissimo, ma lui è felice.
Mi alzo. Mi rassetto il vestito. Mi sistemo le calze e vedo che la sua vitalità non è finita.
“Non sei sazio ancora?”
Mi poggio sul letto e lascio fare a lui. Mi alza il vestito. Sì, mi piace tanto quando lo fanno.
Scivola dentro di me, delicatamente, lentamente.
Bravo ha imparato bene.
Sento che trattiene il glande sull’anello, come se fosse indeciso ad entrare. E questa cosa mi piace tantissimo. Ha un glande particolarmente pronunciato e lo sento perfettamente mentre si fa strada per entrare. Poi delicatamente per uscire.
Per entrare… per uscire.
Ottimo!
Diverse volte. Io, distesa sul letto, sento il profumo delle lenzuola fresche, le cambio tutti i giorni. Il mio sguardo si posa sulla spalliera del mio letto. E lui entra ed esce in modo ritmato. Delicato.
Poi, quasi leggendomi nella mente, entra completamente. Lo sento tutto dentro di me. Provo quella piacevole sensazione di essere toccata in posti che non sapevo di avere dal suo glande che mi penetra.
Chiudo gli occhi e scivolo in una dimensione sconosciuta, fatta di sensazioni esaltanti, delicate pressioni, l’onirico che si mischia alla realtà.
Il suo bacio sul collo, il suo ardore che finalmente si spegne. È finito; peccato.
Andando via mi dice che avevo ragione e altri 50 euro in più.
Anche lui mi ha dato ragione, come Marilena.
Spero che ritrovi un po’ di passione con il marito.
1/3/2024 Ivana
Sono stata in cam.
https://it.cam4.com/martalingua
Alla fine, andare in cam, mi crea una sorta di tranquillità.
È un po’ che non trovo Ivana. Un uomo che si è presentato al femminile. Come non aprirle le braccia e accoglierla? Con il tempo ho iniziato a immaginarla come una signora, distinta, elegante.
Le ho anche dato un appuntamento: ‘Vediamoci a Ostia’, ma poi non ho potuto confermare.
Ho paura di averle dato una buca.
Scriveva che saremmo andati a passeggio, mi avrebbe tenuto la mano, come moglie.
Che pazzo.
Mi scrisse che mi voleva mettermi incinta.
Che folle.
Ma queste parole mi hanno riscaldata.
Sì, cose sceme, cose finte. Ma è un po’ come ubriacarsi: si vede il mondo in modo diverso, più bello; ma la realtà, resta uguale.
Poi ci sono le piccole perversioni che rifiuto.
C’è uno che vuole vedermi infilarmi una cannula nel pene.
Provo orrore anche a scriverlo.
Ho cercato di spiegargli che non mi piace, che mi ricorda quando mio papà fu ricoverato… ma non lo capisce e continua a chiedermelo. Lo bloccherò prima o poi.
Ma ci sono anche amici che mi regalano token (che si possono convertire in soldi). È molto bello; non per il valore economico in sé, ma è una conferma: sapere che c’è qualcuno disposto anche a pagare per vedermi.
Vorrei stare più spesso in cam. Alle volte sogno di mettere telecamere ovunque in casa, così da fare dirette tutto il giorno: mentre dormo, oppure mi faccio la colazione, quando sto con i clienti… sempre.
Tecnicamente è complicato, forse chi mi guarda deve poter decidere quale cam usare, ma non saprei tecnicamente come fare.
Credevo che questa cosa di andare in cam non mi avrebbe presa così tanto, invece…
Mi ha mandato un messaggio Marilena. Propone un cinema per questa sera. Ho dovuto leggere due volte il messaggio. Sì, mi propone veramente un cinema, insieme. Credo che saranno anni che non vado al cinema. Ovviamente accetto.
Sto rileggendo quel messaggio, proprio come rileggevo all’infinito una lettera di una ragazza, trasferita negli USA, che amavo e ovviamente non ricambiava. Rileggerla, tenerla in mano, era come stare in sua presenza.
“Povere creature!” Andremo a vedere questo film
02/03/2024
Sarei dovuta andare con Marilena al cinema. Ma ha avuto un contrattempo.
Mi ero preparata.
Soprattutto avevo annullato un appuntamento nel pomeriggio, per non arrivare troppo stanca.
Quindi ho rimesso a posto casa.
È da tanto che non lo facevo.
Tengo in ordine, pulisco, ma dietro i mobili, sulle porte no. Ma ogni tanto capita e lo si deve fare.
Insomma, un sabato da massaia.
Vado in cam.
Osvaldo da Bari mi offre 400 token per un c2c. Lui si masturba, io mi penetro con dei plug. Mi sono vestita da cameriera. Questa cosa gli deve piacere molto.
Poi, inizio a masturbarmi. Lo senti che ansima.
Con due dita spingo delicatamente il pene dentro. Forse non se lo aspettava, si ferma e continua a guardarmi.
Inizio a infilare le dita come se avessi una vagina, come se mi stessi facendo un ditalino.
Riprendere a masturbarsi più forte. Mi chiede di infilarmi un vibro. Lo faccio. Non entra tanto, quello che basta per mostrare la penetrazione da davanti.
Sborra in modo copioso. Mi chiede se sborro pure io.
Non riesco.
Arriviamo fino alla fine del tempo pattuito. Mi saluta, mi manda tanti baci e cuori.
È stato bello. Mi piace quando i maschi si eccitano per me04/03/2024 Silvano
Mi è venuto a trovare Silvano. Il marito di Marilena.
Capisco tutto, capisco i suoi dubbi, il suo dolore, la paura di perderla. Capisco tutto, ma che vuole da me? Pensa che gli direi le confidenze che mi ha fatto la moglie?
Già, sono una puttana, mi ha offerto soldi per sapere.
Mi ha offerto soldi per capire quanto lunghe fossero le sue corna.
Non sa che è già cornuto nel momento in cui lo pensa, in cui guardando la moglie dubita dei suoi sorrisi, del suo saluto, delle sue carezze.
Se ce ne fossero ancora, di carezze.
E parlava, parlava, parlava… Non riuscivo a contenerlo.
È arrivato alle 10 e praticamente se ne andato per fame. La mia di fame!
Visto che non era riuscito con i soldi, pensava di prendermi per sfinimento.
Che situazione, ma chi me l’ha fatto fare!
Mi dovevo preparare, che alle 16 sarebbe dovuto arrivare un cliente.
Ma prima ho chiamato Marilena.
Le ho detto che è venuto il marito.
Si è messa a piangere.
Le ho anche detto che non avevo aperto bocca su Marco e i loro mercoledì.
Ad un certo punto, mentre piangeva, non ci ho visto più “Marilena, smettila subito. Sai che cosa devi fare!”
“Dire tutto a Silvano?”
“Ma sei forse scema? Rifatti il trucco e quando torni a casa devi fare esattamente come se non fosse accaduto nulla. Come se non fossero mai esisto Marco e i mercoledì”.
Quando ho richiuso la telefonata ho pensato: ma questi due, non hanno un lavoro?
Comunque, poi è venuto Marcello.
Ma non funzionavo, non ero serena. Lui in guaina, reggicalze … si sentiva solo. L’ho visto.
“Marta, ti sento distante, tutto ok?”
“Lellina, oggi facciamo che non sia accaduto nulla, va bene?” Gli ho allungato la mano con i suoi. Il teatrino triste, di lui che li rifiuta, io che glieli porgo.
L’ho presa per la cintola e glieli ho messi nel reggiseno.
“Ma sei pazza, dai, mi vuoi fare diventare una puttanella?” Lellina era scesa nel personaggio.
Alla fine, ne ha accettati solo metà.
Davanti ad un tè ci siamo messe a parlare.
È stato bello, non capita spesso con i clienti di parlare. Mi ha raccontato di come il papà trattasse male la mamma. Non era violenza, era più un soggiogarla mentalmente, con ricatti; la stessa tecnica usata dai pessimi padroni di cani. Non voleva che lei lavorasse, che prendesse la patente. Ho avuto la scena di questa donna che all’età di 30 anni si era trovata sepolta in casa. Alla fine degli anni 60, quando tutto il mondo era in fermento. Tremendo.
E questo è il bagaglio di sofferenze della povera Lellina. Sofferenze senza possibilità di riscatto.
Lellina che si duole per non riuscire a salvare la mamma.
Non uscirà mai dai suoi tormenti, dal suo incubo.
05/03/2024 Puntura alla signora Maria Bencivenni
56 anni, un anno meno di me. Ma lasciatasi andare ormai da diversi anni, sembra che ne abbia 20 di più.
Ricordo che eravamo in farmacia.
In una situazione di incertezza su chi toccasse le cedetti il passo con un semplice “prego signora” e un sorriso. Al tempo il mio abbigliamento era ancora androgino.
Ricordo che lei mi guardò e disse “allora esistono ancora i gentiluomini”
Ridemmo. Un altro farmacista si era liberato e mi servì, uscimmo insieme dalla farmacia. Abitando nello stesso palazzo facemmo un po’ di strada insieme.
Mi confidò che doveva fare delle punture e non sapeva a chi chiedere.
Mi offrii io. Al tempo l’unico mio lavoro erano le pulizie a casa di una coppia di anziani.
Lei offrii di pagarmi, ed io accettati.
Sono passati pochi anni. Lei si ammalò di COVID, e fu ricoverata. Quando fu dimessa aveva perso ogni interesse per la vita. Ormai viveva solo di medicine, dottori, farmacie.
Mi chiamava spesso per le punture. Non le chiesi più soldi.
Mi rammento sempre che ha un anno meno di me. Un figlio, lontano.
Credo che le punture non le siano state mai di nessun aiuto.
Forse lo erano più per me, mi davano il motivo per andare a trovarla e stare insieme.
Qualche volta ho tentato di truccarla, tingerle i capelli… ha dei capelli bellissimi. Mi piace pettinarla.
Lei è stata un po’ la testimone del mio graduale femminilizzarmi in pubblico.
Non mi ha mai fatto domande. Mi guardava e mi dava consigli. Come una mamma. I consigli che la mamma aveva dato a lei. Consigli che, avendo un figlio maschio, non poteva dare a nessuna.
‘Tieni le ginocchia unite quando sei seduta’, ‘se il vestito è troppo leggero, metti una sottogonna o una sottoveste’. ‘mai mutandine scure sotto un vestito chiaro! La donna che mostra l’intimo cerca marito!’
Nei suoi consigli su come vestirmi era così tenera, proprio come una mamma con una figlia. Mai gonne troppo corte. Collant sempre! Li ho sempre odiati, essendo alta non ne trovo facilmente della mia misura.
È sempre servito tanto avere un suo consiglio.
I vestiti me li bocciava quasi sempre: troppo corti!
Ma che ci posso fare se alta 1.80 mi arrivavano a metà gamba?
Uno nero, di velluto: troppo aperto davanti
Mi rendo conto di come avevo bisogno di lei, che mi dicesse cose che nessuna mi aveva detto.
Mi rendo conto di come lei aveva bisogno di dire quelle cose, anche a me, donna per scelta. Così un giorno mi disse: ti ammiro, perché io sono nata donna, tutto quello che sono, è come se l’avessi trovato aprendo un cassetto dell’armadio e l’avessi messo. Senza pensarci. Tu invece, scegli ogni giorno di essere donna, tu hai preso una decisione. Io non so perché, cosa ti spinga ad esserlo o non essere uomo, ma tu hai scelto. Per questo ti ammiro: donna per scelta.
Piansi.
Essere donna, o non essere uomo. Già, bella domanda.
Le feci la puntura. Su una natica. Lei aveva aperto la vestaglia, alzato la sottoveste nera, piuttosto lisa, io spostai le mutandine nere, con il bordo di pizzo. Ricordo la sua natica di qualche anno prima, dura, tonda, con il segno dell’abbronzatura dell’estate, anche se passata da qualche mese. E la vedevo ora, pallida, secca. Anziana.
“Marta, c’è stato un tempo in cui ad aprirmi la vestaglia facevo cadere ai miei piedi decine di uomini. Guardami ora”
“Maria, tornerà quel tempo. Ti rimetterai, e se prima ne cadevano decine, poi ne cadranno centinaia”.
“Ma non dire cose” mi disse ridendo. “Tu, piuttosto, gli amici continuano a venire a trovarti?”
Gli amici, già.
Non ci piaceva dire che ero una prostituta, che gli amici erano clienti, che mi lasciavo usare da loro.
“Usa sempre il preservativo”
“Certo, mai senza.”. Credo che mia mamma mi avrebbe detto la stessa cosa. Mi venne una lagrima.
Respirava a fatica. L’accompagnai in soggiorno, ci mettemmo a vedere la TV
09/03/2024 Giulio
Trent’anni, non portati proprio bene. Alito un po’ pesante. Vestito da viaggio. Si vede che non si spende tanto.
Si sta sistemando la giacca e sta andando via.
È il figlio di Maria.
Non volevo all’inizio. Per me Maria è come una mamma. Sì, è più giovane di un anno, ma è la testimone della mia nascita.
Di conseguenza, Giulio, come un fratello.
Ma averlo per metà notte diventa una sorta di rapporto familiare.
È vederlo, è stare insieme, è parlare con lui.
All’inizio non gli potei dire di no.
La madre era in ospedale. Non gliela facevano vedere. La moglie era rimasta a Milano e lui bloccato a Roma. Era solo qui.
Un giorno lo trovai sul pianerottolo che piangeva. Gli dissi di venire a casa mia. A casa della madre l’assenza era troppo pesante.
Lui all’inizio non voleva. Immagino il motivo. Ormai il mio cambio aspetto era pubblico e anche qualche ospite aveva fatto nascere sospetti. Ospiti che con la chiusura per COVID non ricevetti più.
Eravamo io e lui. Non eravamo congiunti, non eravamo nulla.
No, non eravamo nulla ma passammo insieme giornate lunghissime. Ad aspettare una telefonata, lui dall’ospedale, io dalla coppia di anziani, per andare a fare qualche servizio.
Dormiva a casa della madre, ma la mattina veniva per colazione. Portava il latte e i cornetti.
Quella mattina lo feci accomodare, mi ero appena svegliata e lo lasciai sistemare la tavola per la colazione mentre io andai in bagno. Mi sistemai un po’ e lo raggiunsi.
Lo trovai completamente nudo.
Beh, di primo acchito non mi sembrò così male.
Subito pensai alle conseguenze: ‘Ma è il figlio di Maria, Maria sta in ospedale, è sposato’.
E mi risuonava questo in testa, come un mantra interminabile. Lui si avvicinò. Mi scostoò i capelli dal collo, me lo baciò.
Sentii il calore del suo corpo, pulito, profumato di doccia appena fatta.
Ma era il calore che mi stordì.
Era il calore di cui avevo bisogno. Che mi mancava, che sapevo doveva esserci anche per me, ma non lo avevo mai trovato.
Mi abbracciava, mi baciava la bocca.
Da quanto non baciavo in bocca? Da quanto non sentivo un bacio con i peli della barba, anche se appena rasato?
Rasato, fatto la doccia. Da quanti avevo queste attenzioni? Facile rispondere: da nessuno.
Nessuno si lava o si rade per venirmi a trovare. Eventualmente lo fanno dopo.
Già, solo dopo. Prima mi scopano e poi si lavano.
Lui no.
Si era lavato, si era rasato. Aveva pensato a me. Si era preparato per me.
Si era messo un profumo. Non ho mai amato il profumo che si mettono i maschi, ma lui lo aveva dosato perfettamente. Era buono. E mi baciava. Mi carezzava, mi toccava.
Mi ripetevo all’infinito “ma è il figlio di Maria, di Maria che sta in ospedale, è sposato, potrebbe essere mio figlio”. Ma era inutile. Lo volevo. Il mio corpo lo voleva, forse più di quanto lui voleva il mio. Ne avevo bisogno.
Non sono mai riuscita a spiegarmi questo bisogno che travalicava ogni impedimento sociale.
Sì, come una bestia, come una cagna in calore. Non sarei mai riuscita ad allontanarlo.
Allora, eccomi, fa di me quello che vuoi.
Io più bassa di lui, mi sovrastava, mi afferrò per le spalle, levandomi quei pochi abiti che avevo messo alla rinfusa, dopo che mi ero data una rassettata minima, in cui non pensavo a lui.
In pochi istanti mi aveva denudata. Il mio corpo glabro era completamente in sua disposizione.
Ora nella mia mente non risuonava più la frase ‘è il figlio di Maria… “ etc etc Nella mia mente c’era solo il suo calore e che avrei fatto qualunque cosa per tenerlo vicino a me.
Era duro. Il suo pene, durissimo. 30 anni che forse poteva portare meglio, ma hanno sempre il loro riscontro. Era duro e della dimensione giusta.
Non parlava, e neanche io. Mi guidava con i gesti, con le parole. Ma io sapevo cosa fare, e non volevo fare altro. Il suo calore rimase il mio, completamente disteso sulla mia schiena. Si poggiò, lo sentii nitidamente. E pensai a quanto lo desideravo; di non averlo mai voluto così tanto. Indugiava all’ingresso? Cosa aspettava?
Eccolo! L’attesa mi aveva aumentato il desiderio. Stava entrando. Lo sentivo perfettamente. Sentivo che venivo invasa dal suo calore, che non era più una cosa esterna a me, ma anche interna.
Entrò gradualmente in tutta la sua lunghezza, e poi si ritrasse, poi tornò dentro, e si ritrasse. Quante volte accadde non lo posso sapere. So che in pochi istanti fece scomparire la montagna di solitudine che mi portavo sulle spalle. Era dentro di me, eravamo una cosa sola. La sensazione di espandere il mio io, la bellezza di essere insieme.
Vivemmo così, nei mesi di chiusura. Godetti di tutte le sue erezioni, immersa nel so calore.
Poi la mamma uscì, riaprirono lui ripartì, ma da quella prima volta, tutte le visite che faceva alla madre venivano coronate da una visita a me.
Ora, sapendo che sarebbe arrivato oggi, mi sono preparata. Verso le due mi ha fatto un piccolo squillo, e fino alle 8 è stato nel mio letto, dentro di me.
Doccia, sistemata e poi dalla mamma.
Immagino cosa si dicono ‘Ciao mamma, come stai?’ e Maria ‘Ciao Giulio, vieni che ti ho preparato la colazione’. Povera Maria, resa debole da quella maledetta malattia, gli fa sempre trovare il caffè con il latte e cornetti di pasticceria. Lo immagino, vorrei essere con loro.
Riceverlo nel mio letto è come vivere un momento familiare, un briciolo di affetto, rubato, non meritato.
Inizio a provare vergogna con Maria. Come avrebbe reagito? Cosa avrebbe detto? Quante me ne avrebbe dette!
10/03/2024 Maria
Dovevo andare per farle l’iniezione.
Ho imparato a fare le iniezioni quando ero militare. La prima la feci sul campo, bonificavo un campo minato nella ex Iugoslavia. Una mina antiuomo aveva coinvolto una squadra. Due non ce l’avevano fatto, il terzo soffriva. Gli feci un antidolorifico… poi di fatto cosa fosse non lo sapevo. Sapevo solo che se fossi riuscito a sparargliela bene in vena sarebbe stato meglio, fino all’arrivo dei paramedici. Oppure sarebbe morto senza soffrire.
A Maria bastava una intramuscolo. Solita scena: vestaglia, sottoveste lisa, mutandine… zac, puntura.
Ma questa mattina Maria mi porta nella sua stanza. “Questa valigia vorrei che l’avessi tu”.
“Maria, cosa c’è? Posso aprirla?”
“Marta, prendila portala a casa, tranquilla, non c’è una bomba né le matrici della zecca per stampare le banconote da diecimila” Faceva riferimento al film con Totò, abbiamo riso.
“Ok Maria, la porto a casa, poi se non hai da fare ce lo vediamo quel film?”
Maria ride: “Marta, oggi no, sto con Giulio”
“Marta, ti voglio bene, ma ti devo dire una cosa”
“Dimmi Maria”
“So tutto”
Crollo su una poltroncina della camera da letto
“Mi dispiace Maria”. Lo dico con un filo di voce, la stessa che mi veniva quando mamma mi rimproverava.
“Marta, ad una mamma non si può nascondere nulla. Giulio poi, non riesce proprio. Solo con quella tarda della moglie, forse.” E ride.
“Posso spiegare, è successo in un momento particolare…”
“Silenzio Marta. Sinceramente, Giulio ha fatto una cosa brutta. Tante cose…”
Non riusciva a parlare.
“Maria, lui ha colpa quanto me”.
Fece un segno con le mani, come per dire, ‘lascia stare’
“Vedi Marta, io sono sicura che lui è venuto in questi week end più contento sapendo che avrebbe incontrato anche te. Non mi faccio idee, sono sicura che per lui venirmi a trovare sia un peso”
“Maria, che dici, è impegnativo il viaggio, ma lui è sempre venuto con piacere”
“Dai su, sono malata, ma non sono scema.
“va a casa, porta questa valigia. Ci sono cose che sono sicura tu apprezzerai. Non voglio che vadano in mano a mia nuora. Brava donna, ma totalmente priva di buon gusto. Adesso ti prego, va”
“Ma, Maria, non ti capisco”
Veramente non capisco cosa sta facendo. O meglio: non mi piace, mi mette paura.
“Marta, non sto facendo nulla di particolare: ho queste cose che mi farebbe piacere che avessi tu, e so che Giulio, prima di venire da me, passa la notte con te. E sai una cosa? Io sono pure contenta, perché per come ti conosco, con te sta meglio che con quella milanese”
Si trattiene dal dare epiteti alla nuora, che fra l’altro non mi sembra sia milanese, ma Maria l’ha detto come se volesse offenderla.
Non mi piace.
Mi sembra una chiusura di conti.
Arrivata a casa apro la valigia
Trovo piegati in modo impeccabile, camicette, intimo anni 50, in perfette condizioni. Un vero e proprio corredo. Sono commossa. Vorrei tornare da Maria, ringraziarla. E’ veramente un omaggio stupendo.
Sistemo subito con le mie cose.
Più tardi ho mandato un messaggio a Giulio. Ho chiesto come sta Maria. Mi risponde che dorme, che sta bene.
Ora è la mattina dell’11.
Maria, non si è svegliata.
Giulio è venuto da me. Non piangeva. Era senza emozioni. L’ho riaccompagnato a casa. Maria era come se dormisse. Abbiamo chiamato il 118, il dottore è venuto. Ha constatato il decesso.
Voleva chiudere i conti con me, ringraziarmi. In qualche modo
Ha benedetto anche il rapporto di amanti, incestuoso, contro natura fra me e Giulio.
Sono sicura che Giulio non tornerà mai più.
Tutto ha una fine. Alle volte abbiamo la sfortuna di assisterci e subirne le conseguenze.