Vacanze al mare

 

1)      Già, diciotto anni e ancora al mare con i genitori. Beh, quando non si hanno soldi, non è che resti molto da fare. Quindi sono partito con loro.
Almeno rivedo gli amici del mare. Ovviamente non tutti: la maggior parte sono riusciti a fare vacanze per conto loro, chi con il gruzzoletto di un lavoro in nero, chi con i soldi dei genitori. Io dopo queste vacanze inizierò in un bar. Ma ora non ho soldi.
Ritrovo Carlo. Non è che fossimo proprio amici. Si facevamo parte della comitiva, lui veniva dal nord, buona famiglia, ma molto scaltro. Strano che non fosse riuscito a fare vacane per conto suo.
“Ricordi quando andammo sulle rocce?”
Era successo qualche anno fa, effettivamente ricordo quella giornata. Raggiungevamo il resto del gruppo e per accorciare passammo per un tratto pieno di scogli
“Per poco non mi ruppi una gamba. Se non ci fossi stato tu, me la sarei rotta di sicuro”
“già, cose che possono capitare”
Ricordo l'episodio, sugli scogli appuntiti, lui scivolò e io gli feci da supporto.  Nulla di eccezionale ma mi fa piacere però che lo ricordasse.
“E ricordo anche quel fatto degli uccelli…”
“Quale?” Non ricordavo nulla, che c’entravano gli uccelli.
“Ma sì, che tu non sapevi che per avere un bambino la donna… sì, pensavi che lo prendesse da dietro, come fanno gli uccelli” E ride.
Rido anche io. Prime nozioni di educazione sessuale imparate sul campo: il maschio ha il pene, la femmina la vagina e per avere un bambino il pene deve entrare nella vagina, non nell’ano. Ricordo che per la vergogna di quell’errore l’anno dopo comprai un libro di educazione sessuale. Il titolo era Ennio Oliva: ISTRUZIONE SESSUALE. Certo, che leggere lì sopra del sesso fu una vera noia.
Andiamo sulla spiaggia.
“Luca, le ragazze sono veramente belle, non trovi?”
“Molto”.
“Vabbè, io non resisto più, anche perché il costume non è più sufficiente…”
“Dove stai andando? Vengo anche io!” Credo veramente che magari vada a farsi il bagno. Invece va verso i casotti per cambiarsi.
“Vuoi veramente entrare anche tu?”
So tutto. So cosa vuole fare, so perché sta entrando lì, ma posso ancora fingere di non sapere nulla, come per gli uccelli. Entro anche io. È una cabina, piccola. Passando dalla luce dell’estate al buio della cabina non vedo più. Il profumo di chiuso, di mare, di mistero mi investe. Questione di attimi e riprendo a vedere. Luca ha già il suo cazzo in mano e se lo sta scappellando in modo ritmato. E’ stato velocissimo.
“Dai Luca, tiralo fuori, dai, ci seghiamo insieme.”
Mi levo il costume da bagno. Il mio è un po’ più della metà del suo. Lui si mette in ginocchio e inizia a leccarmelo.
“Carlo, ma queste sono cose che fanno i maschi?”
“Ti sembro una femmina?” Ride, rido anche io ma il sapere che me lo sta succhiando, sentirlo dentro di lui mi fa trasalire. Non è il primo pompino che ricevo. Mi piace.
Mi tiene premuto, ho la schiena contro la parete della cabina, spinge talmente che mi solleva e tiene larghe le gambe. Credo che il mio cazzo sia tutto dentro di lui e non riesco a trattenermi. Tre getti caldi e copiosi, una fitta estrema sul glande. Metto le mani per allontanarlo, per proteggermi il glande che è diventato sensibilissimo e non voglio che me lo tocchi.
“Luca, tanta e saporita, complimenti. A saperlo, avremmo iniziato quel famoso anno. Ora ti va di fare la passerotta per me?”
Che intende, non sono lucido da capire. Passerotta, io, per lui. Ah, l’uccello, il discorso che facemmo quando eravamo ragazzini. Ma mi trovo che mi ha girato e se prima premevo con la schiena ora premo con il petto. Sempre con le gambe allargate. Sento che mi infila il suo dito e mi spinge con il corpo per immobilizzarmi.
“Dai, passerottina, che poi farai le ovette” Il suo modo di scherzare non mi piace. Ma sono inchiodato contro la parete. No, non mi immobilizza. Io tengo bene le gambe large e la schiena inclinata.
Lo voglio.
E lui entra.
Mi mette una mano davanti alla bocca, come per tapparla. Forse pensa che voglia di urlare, gli succhio le dita mentre mi entra selvaggiamente, senza ritegno, senza aspettare. Come i cani per strada, come le scimmie allo zoo. Entra e si gode il momento di stare dentro di me. Io mi godo il momento in cui è dentro di me.
Poi inizia la danza: esce quel tanto che basta per poi rientrare. Spingendo, ogni volta, con veemenza. E il ritmo dato dallo schioccare sue cosce sulle mie natiche. Ogni volta che esce sento il delicato scivolare del suo cazzo nel mio culo. Ogni volta che rientra sento il suo vigore virile che si sfoga dentro di me. Fino a che, i suoi getti mi inondano, riempiendomi. Esce, e io provo il dolore della separazione. Esce, mi lascia solo nell’attesa di un piacere che non torna. Ne voglio ancora, non mi basta.
“Passerottina, ti è piaciuto?”
“Non duri nulla”
“Ne vuoi ancora? La prossima volta porto un amico”
“Stronzo”
“Ma che parole! Una signorina per bene non le dice. Ma quindi, non sei proprio una verginella.”
No, non ero vergine, non era il primo che mi scopava il culo.
Che termine orrendo: scopare il culo.
Come sminuiva un rapporto fra due persone. Tutte le complessità che esistevano fra loro, tutto il mondo che generavano.
Odio questo modo tipicamente maschile di ridurre tutto a poche frasi, pochi concetti. Come se tutto l’amore si riducesse ad un’eiaculazione.

 

2)      “Dai passerotta, godi!” Mi urla nelle orecchie mentre da dietro mi penetra. Il suo ardore è piacevole. E’ bello sentirlo dentro. Le sue mani mi stringono, le sue braccia sono forti. Quando poi mi passa il braccio davanti, il suo corpo aderisce al mio, provo una sensazione di benessere. In quell’istante so di essere speciale per lui. Magari solo in quell’istante. Adoro farlo vincere. Sono tre giorni che ci vediamo, sempre a casa sua.
“Senti come ti piace il mio cazzo”. Gli piace essere volgare. “Sei proprio un frocio”. Odio questa sua supponenza.
“Ma devi essere sempre così stronzo. A te piace scoparmi, se no ora ti faresti solo pippe”.
Mi si avvicina, nudo, caldo, sudato. Adoro il suo corpo. Mi afferra per il mento. “E pure a te piace, perché magari io risolvo con una pippa, ma a te, in culo, chi lo mette?”
“Stronzo”
“Certo che lo sono, ma ti piace se poi faccio così”
Si china. Il mio cazzo è già umido per l’eccitazione. Sento che diventa duro. Duro di più io nella sua bocca, che lui dentro di me.

“Ma tu l’hai mai preso dietro?”
“Mica sono frocio come te, io al culo non lo prendo”.
Torniamo sulla spiaggia. Chissà se la gente ha capito. Ci vede che ci appartiamo nella cabina, che stiamo sempre insieme. Magari pensa che ci droghiamo. E forse è la stessa cosa. Lui per me sta diventando una droga. Sono tre giorni che lo facciamo e io non aspetto altro per tutto il giorno se non andare a casa sua. E ricomincio ad aspettare nell’esatto istante in cui ci vestiamo per andare al mare. Ma non accetto di essere suo succube, che mi tratti con superiorità.

3)      Serata sulla spiaggia. Noi siamo insieme. Alle volte mi illudo che facciamo coppia. Mi illudo di non essere solo. Poi lo vedo che cerca di rimorchiare le ragazze e ricado nella solitudine delle apparenze sociali, del non poter dire la verità. Ma forse non vorrei fare coppia con Carlo. Un conto è fare sesso, un altro è fare l’amore, altro ancora è amare e stare insieme. No, non lo amo. Ma sapere che lui ha bisogno di me, sapere che mi cerca, mi fa stare meglio, mi piace.
Ormai tutte le ragazze del posto ci hanno individuato. Forse solo Carlo non l’ha capito. Una, poco fa mi ha fatto anche l’occhiolino e poi, spingendo la lingua dentro la guancia, un osceno gesto di intesa, come per dire ‘vi ho capito a voi, succhia cazzi’. Le ho offerto da bere e ci siamo messi a parlare. Alla fine lei me l’ha chiesto direttamente “siete froci?”. Io le ho risposto “io sì, lui non sa di esserlo”. Abbiamo riso e lei ha fatto ingelosire tutti i suoi amici maschi facendo con me cose che con loro non avrebbe mai fatto.
Si avvicina Carlo. “Ragazzi, ricordate sempre che abbiamo una casa a disposizione”. La ragazza si allontana ridendo. Ha bevuto troppo, poi non so neanche se è maggiorenne.
“Tanto lo so perché ti fai tanti scrupoli: mi vuoi tutto per te”. Carlo pure ha bevuto. Però forse ha ragione.

Lo riaccompagno a casa, lo aiuto a spogliarsi. Il suo corpo mi affascina ogni volta che lo vedo. Quando siamo al mare, quando questi giorni, di mattina, mi ha scopato. Ogni volta per me è come la prima. Atletico, per lo più glabro, tranne sul pube. Le fasce muscolari costruiscono sotto la sua pelle geometrie precise e preziose. Ma ora mi chiede “Ma come fai ad essere frocio, non ti piace la passerina? Ma che si prova a prenderlo?”
Che domanda strana. Vabbè, non mi resta che accontentarlo. Lo giro sulla schiena, gli sfilo pantaloncini e mutante e inizio a lubrificargli il culo con un dito e a strizzarmelo con la mano.
Lui ride.
“Che fai, non è che ora mi inculi”. Ride. Beh, sarò dolce.
Avvicino la cappella al suo buco. Sento che si stringe, istintivamente.
“Dai su”, gli mormoro nelle orecchie. “Lo fanno tutti sai, mica è peccato, solo tu non lo hai mai preso”.
“Dici che solo io non l’ho mai preso” parla rantolando.
“Certo, solo tu”
“Ma io non sono frocio”.
“Nessuno lo è tranquillo”.
Il glande è tutto dentro. L’ho lubrificato bene, perché scompare senza problemi. Ora non mi resta che spingere ancora un po’.
Carlo urla. Lo immaginavo. La prima volta è sempre così. Ero pronto e lo tengo fermo. Con le braccia, con le mani. Con il mio corpo completamente disteso su di lui per immobilizzarlo. E’ fortissimo, ma cede anche per la mancanza di sobrietà. Ormai è sotto il mio completo controllo. Ogni stantuffata dentro di lui lo sento mugolare, rantolare.
Credo di durare di più di quanto dura lui.

4)      “Buongiorno Carlo, ho portato i cornetti”.
Entro in casa, ma non c’è.
In genere alle 10 è già alzato. Sì, ieri sera l’ho lasciato piuttosto stanco. Comprare alla porta che dal soggiorno dà alle camere. Pallido, si poggia allo stipite della porta. “Non puoi capire che dolore”.
“Mi dispiace, domani andrà meglio. Oggi stiamo a casa. Magari vado a prenderti qualcosa in farmacia”
“Sì, ti prego. Non riesco a trovare una posizione che non mi dia dolore”.
Il farmacista mentre mi porge il pacchetto di medicine mi tocca la mano.
“Guardi, le ho scritto il mio cellulare nel caso avesse necessità di una ricetta urgente”.
Sono perplesso. Ma credo di aver capito. La voce che siamo gay è girata rapidamente, ma non potevo immaginare che ci sarebbero state persone interessate a qualcosa di più del semplice pettegolezzo.

Quando torno lo trovo a letto.
“Ma dove cazzo sei stato, ti ho aspettato tutto questo tempo, ho pure fame ora”
Gli do una pasticca per il dolore, e una crema per l’ano.
“Sei stato uno stronzo a incularmi”
“Qualcuno prima o poi lo doveva fare, non credi?” Mi viene da ridere. Ma fondamentalmente mi piace che lui abbia perso quella posizione di dominio.
“Ma a te piace, a me non va di prenderlo"
“Però va di succhiarlo?”
“Ma quello non è come essere froci”.
“Ho difficoltà a capire. Fammi vedere come stai”
Mi avvicino alle sue natiche ma lui si ritrae velocemente”
“Dai, non ti faccio nulla!”
Il suo ano è un po’ rosso, credo che abbia perso un po’ di sangue. Capita. Lo giro e inizio a baciargli il cazzo.
“Questo fa parte della cura?”
“Certo, me l’ha detto il farmacista. Sai, mentre me lo inculavo mi ha detto ‘gli deve fare un bel pompino’”
“Come sarebbe a dire… il farmacista è frocio?”
“No, mi ha solo dato il suo numero di telefono.”
“Beh avere un amico farmacista può essere utile, magari ci fa uno sconto sui profilattici”



5)      “E quindi, sei da molto in questa farmacia? Io vengo tutti gli anni ma non ti conosco”
Mentre Carlo si riprende ho deciso di incontrare Emilio, il farmacista.
Normali chiacchiere per fare conoscenza. Lui ha 35 anni, sposato ma pratica il vizietto (come gli piace chiamarlo) da un sacco di tempo. E mentre parliamo, c’eravamo dati appuntamento su una spiaggia un po’ appartata, si avvicina sempre di più e inizia a toccarmi. Le spalle, il viso. Mi piacciono le sue mani. Sono delicate, profumate e mi tocca con riguardo. La finzione della chiacchierata innocente finisce nel momento in cui mi mette una mano fra le cosce. Mi guarda fisso negli occhi. Che strana sensazione quando cadono le remore morali che la società spinge a seguire. Mi sfila i calzoni e china il viso su di me, entro nella sua bocca. Adoro il caldo intenso, lo percepisco quando il mio pente arriva nella gola.
E’ veramente goloso. Si alza, fruga nel suo zainetto, armeggia su qualcosa. Mi mette un profilattico. Si gira, si leva i calzoni e si mette seduto sul mio grembo, accogliendomi e risucchiandomi dentro di lui. Scopare quando il culo è già dilatato è meglio. Entro senza problemi e mi godo il suo calore. Massaggio la sua schiena. Porto avanti le mani e cerco il suo cazzo. E’ moscio. Lo carezzo. Gli faccio sentire che lo voglio, ma nulla.
“Accidenti Luca, è stato veramente bello”.
“Ma tu, non puoi prendere qualcosa per …?”
“Eh, hai ragione. Sarà per la prossima volta.”. “Sai, in genere preferisco le trans”.
“Ma vai con le prostitute?”
“Sì, ma mi eccita proprio la loro figura femminile”
“Quindi, se fossi femminile…”
“Forse.”

6)      “Ciao Luca! Lo sai… ho seguito il tuo consiglio e mi sono prescritto un po’ di cose”
“Allora vediamo subito se funziona. Vieni, ti presento Carlo.
La serata comincia bene. Cominciano subito a parlottare. Carlo è bellissimo e fa il ruffiano con Emilio.
“Vi vado a prendere da bere”. Li lascio parlare, mi dà fastidio fare il terzo incomodo. Magari rimorchio. Chissà.
Una ragazza mi vede e mi saluta. Si avvicina, praticamente mi si spalma addosso. E’ la ragazza dell’altro giorno. “Allora, dove hai lasciato il tuo fidanzatino?”
“Non è il mio fidanzato, ci scopo solo”
“Bravo, anche io vorrei fare così, ma poi si innamorano… che palle i maschi”
“Dai, però sono piacevoli”
“mmmmm certo, finché durano. Senti, io sto con degli amici, ma mi sono un po’ annoiata, ce la svigniamo?”
“Ok.” Guardo in giro…
“Guardi dove l’hai lasciato?”
“No, ma tanto sta in compagnia”. Vedo Carlo e Emilio che sono vicinissimi
“Allora fra un po’ scopano, se non si appartano il servizio d’ordine li caccia”
Ridiamo.
“Senti, ma ce li ha gli anni per bere quello?”
“Ma sei mio padre?”
“E’ solo per bullizzarti, io ho 18 da poco”.
“Sentilo il grande uomo.”
La sera va avanti così con battute sceme, ridendo come due stupidi.
Poi lei mi chiede “Senti, ti va di aiutarmi per una cosa?”
“Dipende, cosa?”
“Vedi, ci sono dei tali nella comitiva che stanno ai ferri corti perché vogliono mettersi con me, ma a me stanno sul cazzo ambedue”
“E quindi, io dovrei essere la tua scelta per farli desistere? Trovi un frocio così sai che non ti metterà le mani addosso e loro rimangono con un pugno di mosche. Sempre che poi, non si mettano d’accordo per farla pagare al frocio”
“Uffa, la fai sembrare brutta, ma a te che ti costa?”
“Prima cosa potrei volerti fare la stessa cosa che vogliono loro. Poi, forse hanno anche dei sentimenti… e ultima, ma non ultima, il fatto che potrebbero farmi la festa”.
“Uhhhh come sei difficile. Ok, fa niente”.
“Ma scusa, chiamali, parlaci, dì loro che sei lusingata e bla bla bla, mai vorresti che si possano fare male per causa tua bla bla bla, ma ami un altro e non è giusto che si comportino così. A meno che, a te non piaccia questa cosa, vero?”
“E se fosse, ma guarda un po’, ora mi fai anche la morale?”
“Ti va si scopare con un frocio?”
“Ma io non ho il cazzo”
“Ci possiamo organizzare per quello”
Ho le chiavi di casa di Carlo, andiamo lì. Lei è curiosa, giovane, scema ma tanto curiosa. Più che altro vuole uscire dalla situazione dei due. Io accetto di fare il terzo, quello che viene scelto. Rischio sempre che mi prendano a calci, ma almeno me la sono scopata.
Con una donna è tutto più difficile, più lungo, servono più attenzioni. La bacio, le devo far venire voglia, perché è solo un po’ su di giri, curiosa, ma non è vogliosa e soprattutto non mi ama.
La spoglio completamente e inizio a baciarla ovunque, seguendo delle linee immaginarie sul suo corpo. Linee che passano per il collo, per la braccia, le mani, i seni, uno alla volta. Non la tocco in mezzo alle gambe, dovrà essere lei, per farmi capire che vuole. Mi sono fatto un po’ di film personali. Se lei mi porta al suo sesso, vuole che io faccia l’amore. Se lei si avvicina al mio, vuole farla finita. Intanto continuo a girare sui suoi capezzoli, che sono buonissimi, assaporo il suo collo, profumato e delicato. A lei piace, vedo i capezzoli turgidi.
Si spalanca la porta, accidenti, sono arrivati Carlo ed Emilio. Carlo vedendomi esclama “Ma i nostri drink, che fine hanno fatto, li abbiamo aspettati un sacco!” Ma poi vedono che non sono da solo. Sempre Carlo: “Sei in compagnia, fantastica questa cosa.” Realizza che io sono in compagnia di una ragazza, lui di un uomo, e diventa triste. Per un maschio conquistare una femmina è sempre un vanto, scopare con un maschio un ripiego, una cosa da inferiori. Emilio lo prende per un braccio “Allora, non mi hai detto che avevi da bere? Se siamo in due o in 4 che differenza fa? A te penso io.” Ma Carlo si sente perdente sconfitto, in una gara che c’è solo nella sua testa.
Barcollando esce da casa, Emilio lo segue, non vuole perdere la sua preda.
“Ma che gli è preso?” La ragazza, mi chiede.
“Non lo so, è frocio da poco”
Lei mi prende la mano e se la porta in mezzo alle gambe “E tu, non è che sei frocio da troppo?”
Descrivere un amplesso, goduto in stato di quasi ebrezza è impossibile. Ricordo il suo profumo, la difficoltà di aprire il preservativo. Lei che mi sussurra nelle orecchie, ma non so in che lingua. La gioia della comunione di due corpi, e di poterla baciare mentre sono dentro di lei.

7)      “Allora, ieri sera il passerottino non ha fatto fichi fichi con nessuno?”
“Sei proprio una merda, a casa mia sei venuto per trombare quella troia.”
“Beh, non potevo certo portala a casa mia, ci sono i miei genitori”.
“Sì, ma non mi va, quella me la volevo scopare io l’altra sera”.
“E invece, ti sei scopato il farmacista” Rido, come un imbecille. Non è giusto prenderlo in giro, ma non riesco a farne a meno. Questo fatto non mi rende migliore di lui, anzi: siamo proprio uguali. Io che gioisco di una vittoria per aver avuto la preda da vero maschio, è come quando lui era felice della sua superiorità perché mi aveva inculato.
“Come scopa il farmacista?”
“E’ una palla d’uomo, mi ha visto che stavo male e mi ha iniziato a fare un sacco di discorsi”. Alla fine mi sono stufato e gli ho fatto un pompino. Lui si è svuotato ed è andato via.”
“Senti, questa cosa te la devo chiedere: ma tu quanti pompini hai fatto prima che a me?”
“E tu, quante volte l’hai preso prima di prendere il mio?”.
Facemmo una specie di patto di segretezza. Per me è facile liberarmi di tutto. Il primo ed unico prima di lui è stato il fratello di mia madre. Molto più giovane di mia madre, una sera, per il periodo di Natale, eravamo tutti insieme, io dormivo in stanza con lui, mi ha sodomizzato con la forza. E’ stato doloroso. E poi la sera dopo nuovamente. E dopo ancora. Praticamente ogni sera, io non volevo tornare in camera, ma dovevo. Finsi di stare male, di vomitare. Alla fine, però dovevo tornare sempre in stanza con lui che mi levava le coperte. Avevo un freddo glaciale. Ma non potevo urlare. Mi faceva paura, ma la paura più grande era che tutti sapessero. Lui si sentiva forte di questo. Tutte le sere di quel maledetto Natale mi sodomizzò, e io ero completamente impotente. Carlo sentendo il mio racconto si mise a piangere. Toccava a lui.
Il fratello più grande. La cosa era cominciata per gioco, per Carlo, il fratello era già adolescente. Per gioco gli faceva leccare il suo pene. Per gioco faceva finta sotto le coperte che era una specie di circo. E da leccare, baciare, succhiare fino a bere tutto. Il fratello godeva, lo ringraziava e lui era contento. Contento che il fratello così gli voleva più bene. Come del resto pure io. Dopo che mio zio mi aveva scopato, ero contento che lui non mi avrebbe più fatto male, che mi sarebbe stato riconoscente, che ero diventato importante perché lo avevo soddisfatto, ero stato un bravo bambino. Piangemmo insieme.
“Spesso ho pensato che fosse colpa mia”.
“Anche io, talvolta ne sono ancora convinto. Talvolta penso che ad incoraggiarlo sia stato qualche mio gesto, qualche mia parola”
“Ma quando ti ho scopato, non mi hai odiato?”
“Non lo so, no, perché mi piace. Sì, perché ti sentivi così forte, così dominante.”
“Quando ti ho fatto il pompino, la prima volta, ho pensato che così saresti stato più contento di avermi come amico, quando poi ti ho visto con quella ragazza, ho capito che lei ti poteva dare qualcosa che io non potevo”
“Ma tu sei mio amico”
Ci abbracciamo.
“Magari, ora, possiamo essere anche scopamici, non credi?”
Ridiamo, sì, ciascuno di noi sa dell’altro un segreto. Una cosa tremenda.



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