Primavera, prime volte.

La prima volta. 

Anzi, le prime volte.

Ci sono un'infinità di prime volte.

Chi non vive da crossdresser conosce quelle comuni. Il primo compleanno, i primi passi, le prime parole... bei momenti. Che poi cerchiamo e valorizziamo negli altri, mentre per noi appartengono alla memoria.

Per una crossdresser esiste una serie di altre prime volte e, se è fortunata, una seconda nascita. Dopo il primo reggiseno, i primi collant, il primo vestito e il primo trucco, quando si viene conosciute dal mondo.
E, l'essere riconosciute, lo può fare un'altra persona. Possiamo farci mille foto, milioni di messaggi in chat, ma solo quando un'altra persona ci guarda e ci chiama con il nome che ci siamo date, nasciamo. 

Il mio nome.

Lo trovai in un'agenda di mia madre, la stava buttando. 
Trovai alcune pagine dove questo nome veniva ripetuto all'infinito. Con dei fiori vicini, dei cuori. Sembrava un diario adolescenziale, mi commossi a toccare quei fogli in cui mia madre aveva scritto, con un animo leggero, nostalgico. 

Cosa fosse quel nome? Non lo so. Una sua amica, una parente, un nome che le ricordava qualcosa di bello. Fu il mio nome. 

Forse se avessi avuto una sorella, si sarebbe chiamata così. 
Ricordo che mia madre perse un figlio. 
Un aborto spontaneo. 
Taluni sottovalutano episodi di questo tipo, ma è un vero dramma. Immaginare che stia arrivando un'altra persona nel mondo, nella tua vita, che poi non ce la fa, è un dramma che segna. 

Sono stata a portarle un fiore.


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